Gotta, ritorno al passato

Nell’immaginario, è una malattia del passato. E riservata ai “grandi” uomini, coloro che hanno saputo eccellere nella scienza, nella letteratura e nell’arte della guerra: ne soffrivano infatti Galileo, Leonardo e Newton, poi Voltaire, ma anche Giulio Cesare, Carlo Magno e Luigi XIV. Una malattia, si pensava non del tutto a sproposito, legata anche all’intelligenza del paziente. Uno studio pubblicato sull’American Journal of Genetics mostra come fra gli appartenenti al Mensa, il club dei superintelligenti, vi sia un incremento statisticamente significativo di due condizioni della malattia: l’iperuricemia e la miopia.

E invece, anche se se ne parla raramente, la gotta è ancora tra noi, visto che affligge tra l’1 e il 2 per cento degli italiani adulti, pari a circa un milione di persone. Non solo maschi di mezza età in sovrappeso, ma anche donne giovani, magre e belle. Colpa soprattutto dei diuretici, farmaci di cui spesso abusano le modelle e, in genere, le giovani per mantenere il peso forma. Questi farmaci, infatti, ostacolano l’eliminazione dell’acido urico da parte dei reni, con conseguente comparsa di un’iperuricemia, che a sua volta le espone al rischio di attacchi.

“La gotta rappresenta l’artrite più frequente nell’uomo, dove raggiunge una prevalenza del 7% dopo i 65 anni”, conferma Carlomaurizio Montecucco, dell’Unità Operativa di Reumatologia del Policlinico San Matteo Pavia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia dell’Università di Pavia, che ha affrontato il tema durante un corso teorico-pratico sull’“Analisi del liquido sinoviale” appena svoltosi a Padova. Obiettivo: riportare all’attenzione di tutti i medici questa malattia, affinché non sia confusa con altre ma se ne possa fare una diagnosi corretta per prevenirla e curarla.

Una malattia che si va femminilizzando: “Il rapporto fra i due sessi, che fino al 1999  era di  sette casi fra i maschi e uno fra le femmine, attualmente è di quattro maschi per una donna”, precisa Marco Cimmino, della Clinica Reumatologica dell’Università di Genova. Nelle donne compare  dopo la menopausa, con una prevalenza che tende ad aumentare con l’età, fino a raggiungere un valore del 3% oltre gli 85 anni.

Al centro dell’attenzione ci sono anche gli anziani. Nei quali però la malattia spesso parla un linguaggio diverso, e può presentare manifestazioni differenti da quelle che ci si aspetta. “Il dolore può essere meno violento, rispetto a quello tipico della gotta acuta – spiega Antonio Cherubini, del Dipartimento di Geriatria e Gerontologia dell’Università di Perugia – e può esserci l’interessamento di più articolazioni anziché di una sola”.

A giustificare questo aumento nel numero di casi sono diversi fattori. “Un contributo è dato dall’uso di una serie di farmaci che sono in grado di determinare un aumento dell’uricemia” – continua Montecucco. “Fra quelli di uso più comune i diuretici, farmaci largamente utilizzati come antipertensivi, anche negli individui anziani, e l’aspirina a basse dosi, utilizzata come antiaggregante. Anche la ciclosporina, impiegata per prevenire il rigetto nei trapianti, provoca facilmente iperuricemia e gotta”.

Un altro fattore non secondario è il progressivo invecchiamento della popolazione. Ma concorrono anche la diffusione dell’insufficienza renale cronica (caratterizzata da aumento dell’acido urico), le variazioni subite dalle abitudini alimentari, col progressivo allontanamento dalla dieta mediterranea a favore di altri alimenti (hamburger, birra fonte di purine, cioè precursori dell’acido urico), la diffusione dell’obesità e del sovrappeso.