L’Artrite Reumatoide-testo dell’opuscolo

Per coloro che desiderano leggere i contenuti dell’opuscolo on line abbiamo riportato qui di seguito una sintesi degli argomenti principali trattati dagli autori. L’ARTRITE REUMATOIDE L’Artrite Reumatoide (AR) è una malattia infiammatoria cronica che colpisce prevalentemente le articolazioni, ma può coinvolgere anche altri organi e apparati dell’organismo. CENNI STORICI
La prima descrizione della malattia risale al 1800 ad opera del francese Landrè-Beauvais che ne notò le differenze con l’artrite gottosa allora meglio conosciuta. Le prime testimonianze sembrano però risalire a circa 3000-4000 anni fa, come risullta da uno studio condotto su scheletri degli indiani d’America.
Il termine Artrite Reumatoide è stato coniato nel 1859 da Sir Alfred Garrod. Nel 1941 fu definitivamente adottato dall’American College of Rheumatologv (ACR).
Tra i personaggi famosi che hanno sofferto di questa malattia vanno ricordati Giuseppe Garibaldi e il pittore Pierre Auguste Renoir erano affetti da AR. DIMENSIONI DEL PROBLEMA
L’ Artrite Reumatoide è diffusa in tutto il mondo. Colpisce in media circa lo 0,5-1% della popolazione generale, con frequenze più elevate in alcune aree geografiche del nord Europa e presso alcune tribù di indiani d’America.
L’incidenza della malattia è stimata attorno a 2-4 nuovi casi per anno su 10.000 individui adulti. E’ colpito prevalentemente il sesso femminile con un rapporto donna/uomo di 3-4:1.
L’esordio della malattia è più frequente tra i 40 e 50 anni, anche se può essere colpita qualsiasi età, comprese quelle infantile e senile. In Italia sono colpite dalla malattia circa 300.000 persone. COME SI MANIFESTA
La malattia è sistemica, cioè può colpire diversi organi ed apparati, ma l’impegno articolare è sempre presente e prevalente. Manifestazioni Articolari
L’esordio della malattia è variabile, nella maggior parte dei casi è graduale ed insidioso, in altri casi è acuto. L’impegno articolare è la principale manifestazione dell’Artrite Reumatoide.
Le articolazioni colpite sono quelle mobili e caratterizzate dalla presenza di membrana sinoviale (articolazioni diartrodiali).
Inizialmente sono più frequentemente interessate le piccole articolazioni delle mani (tranne le ultime falangi), i polsi, le ginocchia, le piccole articolazioni dei piedi, le caviglie, i gomiti, le spalle, le anche, la colonna cervicale (giunzione delle prime due vertebre), l’articolazione temporo-mandibolare.
L’impegno articolare è solitamente simmetrico, sono cioè colpite le medesime articolazioni di entrambi i Iati.
Il sintomo principale è il dolore spontaneo e continuo, spesso anche notturno, accentuato dal movimento e dal carico. Altro sintomo caratteristico della malattia è la rigidità mattutina, la difficoltà cioè a muovere le articolazioni dopo un periodo prolungato di inattività, come il riposo notturno.
E’ generalmente presente una tumefazione delle articolazioni colpite a causa del versamento articolare e dell’edema (gonfiore) dei tessuti periarticolari.
A volte, nella fase acuta, le articolazioni tumefatte sono anche più calde e arrossate e presentano una maggiore difficoltà a compiere i movimenti abituali (limitazione funzionale). Sintomi non articolari
Può esserci perdita dell’appetito, febbre o febbricola e stanchezza (astenia). Manifestazioni extrarticolari
Tra le manifestazioni che non riguardano le articolazioni, può esserci la presenza di noduli sottocutanei (noduli reumatoidi), non dolenti, localizzati prevalentemente sulle zone sottoposte a maggior pressione, come la superficie estensoria dei gomiti e degli avambracci.
Nel corso della malattia può comparire una sensazione di secchezza e/o di sabbia negli occhi chiamata “sindrome secca” o “Sindrome di Sjogren secondaria”.
In alcuni casi si può verificare un impegno dei polmoni, del cuore o dei reni. COME EVOLVE
Il decorso è variabile. Nella maggior parte dei pazienti la malattia è caratterizzata da lunghi periodi di acuzie alternati a  periodi asintomatici o di remissione.
In un minor numero di casi, la malattia si presenta in forma severa con persistente ed intensa sintomatologia cui consegue una disabilità più o meno grave.
Sebbene la malattia con la sua cronicità influisca negativamente sulla qualità di vita dell’individuo, le attuali terapie farmacologiche, opportunamente associate a programmi di riabilitazione, educazionali e di supporto, permettono alla maggior parte dei pazienti di condurre una vita attiva, sia sul piano lavorativo che personale e sociale.
Attuamente, grazie ai progressi della ricerca scientifica, sono disponibili farmaci in grado di intervenire su alcuni meccanismi biologici che sono alla base della malattia con la possibilità di rallentarne o di arrestarne l’evoluzione.LE CAUSE DELLA MALATTIA
Un’articolazione normale è circondata da una capsula articolare che la protegge. All’interno della cavità articolare la cartilagine riveste i capi ossei e l’interno della capsula è rivestito da una membrana, la membrana sinoviale, che è riccamente vascolarizzata e che produce un liquido, il liquido sinoviale, con la funzione di nutrire e lubrificare le strutture articolari.
Nell’ Artrite Reumatoide si innesca un meccanismo, la cui causa non è ancora ben nota, per cui il sistema immunitario, che in condizioni normali difende l’organismo dall’aggressione di sostanze estranee (batteri, virus, ecc.), comincia a produrre anticorpi (detti autoanticorpi) che si rivolgono contro le strutture articolari proprie dell’individuo.
Alcune cellule, dette immunocompetenti, invadono la membrana sinoviale e rilasciano sostanze chiamate citochine che attivano il processo infiammatorio (sinovite).
Si forma così un particolare tessuto, chiamato “panno sinoviale”, che invade gradualmente l’articolazione, distrugge la cartilagine e l’osso sottostante causando un danno permanente. E’ UNA MALATTIA EREDITARIA?
L’ Artrite Reumatoide non è una malattia ereditaria. E’ possibile però che vi sia una certa predisposizione genetica a contrarre la malattia. Esistono infatti degli studi genetici che hanno dimostrato come la malattia sia 6 volte più frequente nei fratelli gemelli. Inoltre, la conoscenza del sistema di istocompatibilità umano (cioè dell’insieme dei geni di un individuo) ha permesso di dimostrare l’associazione tra alcuni tipi di geni e l’insorgenza di Artrite Reumatoide.   COME  VIENE DIAGNOSTICATA
La diagnosi di Artrite Reumatoide può essere difficile nelle fasi iniziali della malattia.
E questo per diverse ragioni.
Non esiste un test di laboratorio specifico per la malattia. Lo stesso Fattore Reumatoide (FR), che è un anticorpo presente nella gran parte dei casi di Artrite Reumatoide e che può essere evidenziato con un semplice esame di sangue (Ra-test, più noto come Reuma test, e Waaler-Rose), è riscontrabile anche in altre malattie e in una certa percentuale di soggetti sani.
I sintomi possono essere, almeno in un primo periodo, sfumati e differenti da persona a persona. Inoltre possono essere simili a quelli presenti in altri tipi di artrite e può essere a volte necessario del tempo perché le caratteristiche proprie dell’Artrite Reumatoide si evidenzino.
A fronte di queste difficoltà è invece necessario che la diagnosi venga invece fatta prima possibile, perché in questo modo aumenta in misura considerevole la possibilità, attraverso una adeguata terapia, di modificare l’evoluzione della malattia e limitare il danno alle articolazioni.
Lo specialista reumatologo ha le conoscenze e l’esperienza per formulare una diagnosi anche nelle fasi precoci. Per far ciò si avvale di una scrupolosa raccolta della storia clinica con un esame dettagliato dei sintomi e con un completo esame obiettivo generale e di tutte le articolazioni.
Fra gli esami di laboratorio si effettua la ricerca del Fattore Reumatoide (FR), ma, come si è detto, la sua presenza o assenza non è comunque diagnostica.
Di recente, è stato rilevato che la presenza nel sangue degli anticorpi anti-proteine citrullinate (anti-CCP) è più utile per la diagnosi di AR.
Gli indici di infiammazione, come la velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C-reattiva (PCR), l’elettroforesi proteica e l’emocromo, non sono esami specifici, ma sono comunque essenziali, sia in fase iniziale che in quelle successive, per valutare l’attività della malattia e per il monitoraggio della terapia.
Tra gli esami strumentali è opportuno chiarire che l’esame radiografico delle articolazioni colpite (mani e/o piedi) non consente di porre una diagnosi precoce, perché le alterazioni proprie della malattia (erosioni ossee) compaiono e si evidenziano successivamente, dopo mesi o anni dall’insorgenza dei sintomi.
La radiografia rimane però un esame fondamentale per valutare l’evoluzione della malattia.
L’ecografia articolare è un esame utile sia nelle prime fasi che successivamente, in quanto consente di evidenziare l’infiammazione della membrana sinoviale, delle guaine, dei tendini e la presenza di un versamento articolare (aumento del liquido sinoviale nell’articolazione). TRATTAMENTO
Lo scopo del trattamento è quello di ridurre il dolore, ridurre l’infiammazione, rallentare o fermare il danno articolare, migliorare la capacità funzionale e la qualità di vita.
L’approccio terapeutico attuale si avvale di terapia farmacologica precoce, adeguamento dello stile di vita, riabilitazione, economia articolare, monitoraggio regolare della malattia e del suo trattamento, chirurgia.
L’approccio farmacologico e non farmacologico integrati l’uno con l’altro modificano positivamente la condizione del malato.TERAPIA FARMACOLOGICA
Il trattamento farmacologico si avvale oggi di diverse scelte terapeutiche. L’atteggiamento attuale è quello di aggredire subito la malattia con la cosiddetta terapia di fondo il cui obiettivo è quello di fermare, o quanto meno rallentare, la tendenza evolutiva dell’Artrite Reumatoide.
Le caratteristiche più importanti di questi farmaci sono la loro capacità potenziale di modificare concretamente l’evoluzione della malattia (da qui la definizione inglese: Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs – DMARDs) e la loro efficacia nel ridurre il dolore articolare. A questo va aggiunto che questi farmaci possono essere usati anche per lungo tempo.
Oltre alla terapia di fondo o DMARDs, altri farmaci frequentemente utilizzati per la cura dell’Artrite Reumatoide sono i cortisonici ed i farmaci antinfiammatori non steroidci (FANS, COXIBs). Terapia sintomatica
I Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (detti comunemente FANS) costituiscono un’ampia ed eterogenea serie di molecole la cui caratteristica comune consiste nella capacità di intervenire nella complessa dinamica dell’infiammazione. Hanno un triplice effetto: antinfiammatorio, antidolorifico e antipiretico (antifebbrile).
Il loro meccanismo d’azione consiste nell’inibizione di un enzima (COX, cicloossigenasi) che interviene nella sintesi di alcune sostanze che partecipano al processo infiammatorio. A seguito di tale inibizione si ha un sollievo dal dolore e dall’infiammazione.
Tra le sostanze più usare vi sono: diclofenac, ibuprofene, meloxieam, nimesulide, ketoprofene, naprossene, piroxicam, nabumetone, acido acetilsalicilico, indometacina.
I FANS devono essere usati sempre con cautela e secondo la prescrizione del proprio medico, a causa delle possibili interazioni farmacologiche e per gli effetti collaterali, soprattutto a livello dell’apparato gastrointestinale (disturbi digestivi, bruciore di stomaco, dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, fino alla possibile comparsa di ulcera gastro-duodenale, sanguinamento e perforazione) e di quello cardiovascolare (ipertensione arteriosa). COXIBs
Sono una nuova classe di tarmaci, (celecoxib, rofecosib, etoricoxibh, valdecoxib), sintetizzati in anni più recenti, che hanno dimostrato di avere, oltre ad un’elevata efficacia terapeutica, anche minori effetti collaterali a livello gastrointestinale.
Di recente però, a seguito dei risultati di diversi studi che hanno messo in evidenza un aumento del rischio di complicanze cardiovascolari nei pazienti che assumevano questi farmaci, le stesse case produttrici hanno deciso, in via cautelativa, di ritirarne alcuni dal commercio (rofecoxib, valdecoxib).
Va detto tuttavia che sia l’EMEA che la FDA, cioè le due principali istituzioni internazionali che controllano i problemi legati all’uso dei farmaci nella pratica clinica, dopo un’ampia ed attenta valutazione dei dati disponibili, hanno concluso che si tratta comunque di una classe di farmaci che presenta un buon rapporto rischio/beneficio.
In particolare l’EMEA in un comunicato del 27/06/2005 ha chiesto che per questi farmaci vengano inserite nuove “Controindicazioni e Avvertenze” in cui si dica che non devono essere assunti da persone affette da malattia cardiaca su base ischemica (infarto, angina) e da malattia cerebrovascolare (pregresso TIA, ictus) e vascolare periferica. Cautela viene, invece, raccomandata nei pazienti che presentano un aumentato rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo, ecc.).
Questi farmaci sono comunque considerati di prima scelta nei pazienti con disturbi gastrointestinali che necessitano di una terapia antinfiammatoria.
A seguito dei problemi presentati dai COXIBs, la Commissione Europea ha deciso inoltre di rivalutare il profilo di sicurezza anche dei più comuni e utilizzati FANS.
Si raccomanda quindi di consultare sempre il medico prima di assumere questi farmaci. Cortisone (Cortisonici, steroidi e glicocorticoidi)
Il cortisone ha una potente azione antinfiammatoria, immediata e prolungata. E’ usato non solo per controllare la sintomatologia in attesa che faccia effetto la terapia di fondo, ma anche come terapia unica, quando non sia possibile procedere con la terapia di fondo.
Diversamente da altre malattie reumatiche, nell’Artrite Reumatoide il cortisone produce un soddisfacente beneficio anche a basse dosi comportandosi praticamente come un farmaco di fondo.  Gli effetti collaterali causati dal cortisone sono infatti dose-dipendenti e quindi a bassi dosaggi le probabilità che si verifichino sono minori.
Gli effetti indesiderati più frequenti sono comunque rappresentati da iperglicemia, ipertensione arteriosa, osteoporosi, fragilità vasale (presenza di piccole macchie violacee sulla pelle). II diabete non rappresenta una controindicazione assoluta. Se è un diabete ben controllato il cortisone può essere usato, naturalmente con cautela. Lo stesso vale per l’ipertensione arteriosa, purché sia ben controllata dalla terapia.
Se la terapia cortisonica dura da più di tre mesi, è bene comunque associare un trattamento che prevenga l’osteoporosi, dato che già dopo questo periodo può verificarsi una riduzione della densità minerale ossea (valutabile con un esame densitometrico, MOC).
A questo proposito è utile sapere che oggi, grazie anche all’impegno delle associazioni dei malati, i pazienti che devono seguire terapia con cortisone (prednisone 5mg o più o equivalente) per più di tre mesi possono avere gratuitamente dal SSN (vedi nota 79 dell’AlFA – Agenzia Italiana per il Farmaco) i farmaci antiosteoporotici (bisfosfonati e raloxifene) . Terapia di Fondo o DMARDs
I DMARDs sono farmaci antireumatici che modificano l’evoluzione della malattia. In questa categoria sono compresi i sali d’oro, I’idrossiclorochina, la sulfasalazina, la ciclosporina A, il methotrexate, la leflunomide ed i farmaci biologici.
Alcuni di essi agiscono dopo alcuni mesi, mentre altri, come il methotrexate e la leflunomide, si dimostrano attivi già dopo alcune settimane di trattamento (4-6 settimane).
Quando questi farmaci, somministrati singolarmente, non danno il beneficio desiderato possono essere usati in combinazione. Diversamente dai farmaci antinfiammatori, i DMARDs possono diminuire l’aggressività della malattia e indurne la remissione.
Per la terapia dell’Artrite Reumatoide, da qualche anno sono disponibili anche i farmaci biologici (anti-TNFalfa: infliximab, etanercept, adalimumab; anti-IL1: anakinra) che hanno dimostrato una notevole efficacia nel ridurre il danno articolare.
I farmaci biologici attualmente vengono prescritti e distribuiti soltanto da centri ospedalieri autorizzati dove vengono identificati i pazienti idonei a tale terapia, in base alle condizioni cliniche e alla possibile suscettibilità agili effetti collaterali. Il loro uso è riservato a quei pazienti che non hanno tratto beneficio dall’associazione di più farmaci di fondo (terapia di combinazione).
Si va però sempre più consolidando la convinzione che un precoce utilizzo di questi farmaci potrebbe, rallentando I’evolutività della malattia, limitare il danno articolare. QUANTO TEMPO DEVE DURARE LA TERAPIA
Non esiste una regola fissa. Sono stati stabiliti dei criteri di remissione della malattia, come ad esempio l’assenza di dolore e di tumefazione articolare, l’assenza di stanchezza, una VES inferiore a 30 mm/h, che devono persistere per almeno due mesi consecutivi. Sulla base di questi criteri si può  pensare di sospendere la terapia in atto. E’ però preferibile ridurne il dosaggio a quello minimo efficace, per evitare le riacutizzazioni che potrebbero verificarsi in caso di sospensione. TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO Stile di vita
E’ bene alternare le attività abituali con brevi periodi di riposo, la durata dei quali è variabile da persona a persona e secondo le necessità. Nei periodi in cui la malattia è attiva, i momenti di riposo devono essere più prolungati e l’attività fisica più leggera. Comunque è consigliabile un breve riposo ogni qualvolta si avverta una eccessiva stanchezza. Esercizio Fisico
L’esercizio fisico continuativo (come il nuoto, la ginnastica passiva rilassante in acqua, la ginnastica posturale, lo stretching) è utile per mantenere il tono muscolare, preservare la mobilità articolare, ridurre il dolore e mantenere il peso forma. Dieta
In termini generali la cosa più importante da fare è mantenere un giusto peso corporeo perché questo serve a non sovraccaricare le articolazioni e a favorire una buona funzione cardio-circolatoria.
Per quanto riguarda la dieta ci sono studi recenti che hanno messo in evidenza come un elevato introito di proteine e grassi animali ed un basso introito di vitamine e fibre possano rappresentare un fattore di rischio per la comparsa o il grado di gravità dell’Artrite Reumatoide e come invece una dieta “mediterranea” possa, al contrario, avere effetti protettivi.
Valgono quindi le regole generali della corretta ed equilibrata alimentazione, che deve essere perciò povera di grassi, soprattutto animali, e ricca di vitamine e fibre. Tra le limitazioni specifiche di cui tenere conto c’è quella relativa agli alcolici in quanto possono interferire con alcuni farmaci come ad esempio il methotrexate. Clima
L’argomento è tuttora controverso, anche perché manca ancora la dimostrazione di una influenza diretta del clima sull’artrite.
Ci sono studi recenti, tuttavia, che hanno messo in evidenza una correlazione tra peggioramento dei sintomi e improvvise variazioni climatiche.
Per cui può essere una buona norma precauzionale evitare, nei limiti del possibile, passaggi repentini da un clima secco ad un clima umido.
Così come è da evitare l’esposizione diretta ai raggi solari e ad altre fonti di calore perché può peggiorare l’infiammazione articolare e può anche facilitare la comparsa di reazioni cutanee da farmaci. Riabilitazione
La riabilitazione, prevede un ruolo attivo del malato ed è una componente essenziale del trattamento dell’Artrite Reumatoide perché può prevenirne o limitarne i danni funzionali.
Gli obiettivi della riabilitazione sono quelli di ridurre il dolore, di conservare la capacità funzionale articolare, di conservare il tono e il trofismo muscolare (volume e forza muscolare), di recuperare l’autonomia nelle attività di vita quotidiana.
Il programma riabilitativo deve essere concordato con il reumatologo ed il fisiatra ed adattato secondo le necessità, le condizioni e le attitudini della persona con l’obiettivo di migliorare il più possibile l’autonomia individuale.
In generale, la riabilitazione non è consigliabile nella fase acuta di malattia, ma può essere effettuata in un momento di remissione dell’infiammazione Per non stancare eccessivamente l’articolazione trattata è bene che il programma riabilitativo sia articolato in sedute di breve durata con intervalli di riposo. Il programma riabilitativo si svolge attraverso diverse fasi: La fisioterapia: tra le diverse tecniche è consigliata l’elettroterapia antalgica (TENS, correnti diadinamiche). E’ invece controindicata la cosiddetta termoterapia endogena (per esempio gli ultrasuoni, la radarterapia, la marconiterapia). La kinesiterapia: consiste, tra l’altro, in mobilizzazioni attive e passive delle articolazioni, idrochinesiterapia ed esercizi di rinforzo muscolare. L’economia articolare: si avvale di sistemi diversi che consentono, quando adeguatamente applicati, di superare gli “ostacoli” piccoli o grandi della vita quotidiana ed insegna i movimenti che permettono di “risparmiare” le articolazioni rallentandone il deterioramento.
La cura ed il mantenimento della funzione articolare rappresentano quindi un punto cruciale nel trattamento della AR.
L’ operatore sanitario insegnerà al paziente a proteggere le articolazioni, per esempio, attraverso l’acquisizione di posture corrette e intervallando l’attività fisica a momenti di riposo.
L’economia articolare si basa su tre punti principali:

  1. 1. l’adattamento, quanto più possibile, dell’ambiente circostante, domestico e lavorativo, alle necessità e possibilità del malato
  2. 2. l’utilizzo di ausili che consentono di svolgere semplici attività altrimenti difficoltose (come svitare il tappo di una bottiglia, tagliare il pane, girare una chiave nella serratura) e di ortesi, cioè di supporti sanitari detti splints, che servono per mantenere una corretta posizione dell’articolazione durante il riposo (splint statico) o per facilitare il movimento (splint dinamico)
  3. 3. la rieducazione gestuale per ridurre lo stress articolare cui quotidianamente sono sottoposte le articolazioni.

L’attuazione di questo programma di “recupero” delle articolazioni richiede l’intervento di una equipe formata dal reumatologo, dal fisiatra e dal fisioterapista o terapista occupazionale che segua costantemente il malato. Il coinvolgimento della famiglia e delle persone vicine (amici, colleghi di lavoro, ecc.) è di primaria importanza nell’attuazione di questo programma.  La chirurgia
Il ricorso alla chirurgia è consigliato quando al danno articolare consegue un’importante limitazione funzionale o è presente una grave sintomatologia dolorosa non controllabile con i farmaci.L’opportunità e il tipo di intervento chirurgico va deciso caso per caso, considerando lo stato di salute complessivo del paziente, le condizioni dell’articolazione, dei tendini e dei tessuti periarticolari interessati, le aspettative del paziente ed il rapporto rischio/beneficio.Le procedure chirurgiche più frequentemente eseguite sono: I’artroprotesi, la ricostruzione tendinea e la sinoviectomia.