29 Febbraio 2008

Comunicato Stampa 11 ottobre 2007

Comunicato Stampa 11 ottobre 2007

ARTRITE REUMATOIDE, DIFFICILE AVERE LE NUOVE CURE SU 400 MILA MALATI SOLO 300 CENTRI DEDICATI
Emerge la difficoltà dei gesti quotidiani e il problema della reperibilità dei farmaci biologici. Una vita normale oggi è possibile ma serve più impegno delle Istituzioni
Sette malati su 10 non riescono a lavarsi e vestirsi. Portare laborsa della spesa, aprire un rubinetto o chiudere una moka è impossibile per 8 su 10. E poi restarein piedi un po’ più del normale, cercare di salire su un treno, infilarsi un cappotto, aprire una portapesante o una confezione di medicinali è sempre un problema enorme. 
Per i circa 400mila italiani,soprattutto donne e giovani, con artrite reumatoide vivere la quotidianità è difficilissimo. Unasofferenza evitabile se questa malattia venisse diagnosticata in fretta e curata subito con queifarmaci, detti ‘biologici’, che riescono a fermarne la progressione e ad impedirne le conseguenzepeggiori. E, soprattutto, se queste cure fossero più facilmente reperibili sul territorio.

Oggi infatti icentri dedicati sono troppo pochi, uno ogni 1300 pazienti circa. A dimostrarlo il primo sondaggioitaliano sulle “small thing matters”, le piccole cose che contano, presentato a Roma dall’ANMAR,l’Associazione Nazionale dei Malati Reumatici. L’occasione è la Giornata Mondiale dedicata aqueste malattie che si terrà domani 12 ottobre anche in Italia. A Roma si tradurrà in un convegno(ore 9.30 – Grand Hotel Palazzo Carpegna) con i maggiori specialisti italiani.“Sono spesso le piccole cose a trasformarsi in ‘grandissimi’ problemi – racconta GiulianaFarinelli, Responsabile ANMAR del “Gruppo Artrite Reumatoide” – come aprire una bottiglia o iltubetto del dentifricio o portare la borsa della spesa, quasi impossibile per 9 malati su 10”.

Nonpoter lavorare con continuità o non poterlo fare per nulla coinvolge il 50% dei pazienti.“Si tratta – spiega Gianni Leardini, primario di reumatologia a Venezia – di una percentualeenorme, che può compromettere la sopravvivenza economica di una persona o di un’ interafamiglia. L’artrite reumatoide è quindi un problema di grandi dimensioni sociali perché colpiscesoprattutto le persone giovani, in età lavorativa, i bambini e soprattutto le donne, 4 volte più degliuomini. Con costi sociali, diretti e indiretti, che oscillano tra i 1.000 e i 4.000 euro a persona ognianno. Se poi sommiamo anche le altre forme, come artropatia psoriasica e spondilite anchilosante,il numero di pazienti quasi raddoppia. E anche i costi”.

Per vincere questa battaglia servono risorse adeguate sia in termini economici che organizzativi.Oggi, però, è ancora insufficiente il numero di strutture dedicate alla reumatologia e la lorodistribuzione sul territorio. Ciò rende molto difficile l’accesso alle nuove cure biologiche in grado diprevenire la disabilità.“Questi centri – continua Giuliana Farinelli – sono troppo pochi e costringono spesso i malati aviaggi lunghi e faticosi, persino impossibili, se non sono autosufficienti. Con il rischio di non poterseguire correttamente la terapia, che significa abbandonare la speranza, nella maggior parte deicasi la certezza, di sconfiggere una malattia tanto dura.
La nostra richiesta, dopo anni di battaglie,è che a questo punto tutte le Regioni concedano a queste persone la possibilità di ritirare le curebiologiche, prescritte e monitorate sempre dagli specialisti dei centri di riferimento, anche nelleASL di zona”.“La peculiarità di queste cure – spiega Lorenzo Altomonte, direttore della Unità Operativa direumatologia dell’Ospedale S. Eugenio di Roma – è quella di bloccare l’azione di una proteina, il“Fattore di Necrosi Tumorale” (o TNF) che nell’organismo sano attiva le normali risposteinfiammatorie, mentre in quello malato, essendo prodotta in eccesso, scatena quell’infiammazioneabnorme che caratterizza la patologia. Tra gli anti TNF si distinguono gli anticorpi monoclonali(infliximab e adalimubab) ed etanercept, l’unico recettore solubile per il TNF che, in particolare, hadimostrato negli oltre 14 anni di esperienza clinica di essere ben tollerato e sicuro. È inoltre l’unicobiologico ad avere anche l’indicazione per l’artrite idiopatica giovanile. Sono oltre 400.000 i pazientitrattati in tutto il mondo con questo farmaco”.

 “L’artrite reumatoide fin da subito non si nasconde – spiega Gianfranco Ferraccioli, ordinario direumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – e bisogna subito porre attenzionea dolore e gonfiore di mani e piedi, ma anche di ginocchia, spalle e gomiti. Il campanello d’allarmeper il paziente è il risveglio al mattino, quando scopre una rigidità e un’ incapacità a muoversi chenon aveva mai avvertito prima”.“Naturalmente – aggiunge Giovanni Minisola, direttore della Unità Operativa di reumatologiadell’Ospedale San Camillo di Roma – mentre la diagnosi non è difficile quando la malattia èconsolidata, è invece più difficile nelle fasi iniziali, e si può essere indotti a sottovalutare lasintomatologia”.

Oggi grazie ad una diagnosi precoce (da effettuare entro 12 settimane dallacomparsa dei primi sintomi) e con nuove cure (da avviare entro 16 settimane e non oltre sei mesidall’esordio della malattia) è possibile ottenere nel 50-60% dei casi la remissione della malattia,con scomparsa dei dolori e riduzione del danno e con una buona qualità di vita. Nel restante 40%si ottiene un sensibile rallentamento dell’evoluzione della malattia e una riduzione sia dellasintomatologia dolorosa sia del realizzarsi dei danni invalidanti.A dimostrazione di questo la testimonianza di una giovane donna, musicista e cantante in ungruppo rock, HeLLeR. “Nel 2001, mi sono trovata in pochi mesi immobilizzata nel letto, imbottita dicortisone e antinfiammatori. Sono stati tre anni di inferno, in cui non ho potuto studiare, suonare,vivere.

La svolta l’anno scorso, quando grazie alla disponibilità di un medico di un centrospecializzato ho potuto avere accesso ad una nuova cura biologica. Ed ora posso suonare ecantare senza particolari problemi anche per due ore. La mia vita è tornata come prima. Devo diregrazie alla scienza e alla ricerca, ma anche alla musica, alla mia passione, alla mia voglia di nonmollare mai”.

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