25 Settembre 2006

Esordio ed evoluzione dell’Artrite Reumatoide

Esordio ed evoluzione dell’Artrite Reumatoide

Prof. Gianfranco Ferraccioli
Ordinario di Reumatologia
Università del Sacro Cuore – Roma Il dolore – soprattutto alle articolazioni di mani, piedi e ginocchia – è il primo segnale che l’artrite reumatoide, fin da subito, non si nasconde. E se non viene diagnosticata precocemente e quindi curata in maniera adeguata, porta il paziente ad una inesorabile progressiva invalidità, impedendogli di svolgere anche le normali attività quotidiane e di lavoro. In questi casi circa il 50% dei pazienti va incontro ad una incapacità lavorativa nell’arco di 5-10 anni. E nelle forme più gravi, quando la terapia non è più in grado di controllare la malattia, può causare tali deformità delle articolazioni che a volte si rendono necessari interventi chirurgici correttivi di tipo ortopedico. Tutto questo oggi, con diagnosi precoce e nuove cure, può non accadere più.

È quindi fondamentale porre attenzione a dolore e gonfiore delle articolazioni, sia piccole (mani e piedi) che grandi (ginocchia, spalle e gomiti). Il campanello d’allarme per il paziente è il risveglio al mattino, quando scopre una rigidità e una incapacità a muoversi che non aveva mai avvertito prima. Significa che in quel momento nel corpo circolano molecole che infiammano le articolazioni, e rendono il loro movimento estremamente difficile e doloroso.
Queste infiammazioni, rispetto ad altre ‘normali’ che possono accadere a tutti noi, sono molto più acute e soprattutto sono già croniche nel momento in cui si presentano. Già dopo la prima settimana con questi problemi è necessario recarsi dal medico di famiglia. Quindi, dopo due/tre settimane senza benefici, ci si deve immediatamente rivolgere allo specialista reumatologo.

Un intervento precoce oggi infatti può veramente cambiare l’evoluzione della malattia in una altissima percentuale di pazienti se la diagnosi viene eseguita precocemente e se il malato viene sottoposto ad una terapia adeguata fin dall’esordio dei primi sintomi. Questa è stata una vera rivoluzione copernicana. A questo punto il paziente viene solitamente trattato con antinfiammatori e cortisone, con un rapido miglioramento dei sintomi. Un miglioramento cui bisogna porre però molta attenzione perché smorza e confonde la malattia dal punto di vista della diagnosi e dell’inquadramento. E soprattutto non consente di tenere la malattia sotto controllo. Infatti, dopo i primi mesi con alti e bassi, con gonfiori e dolori che vanno e vengono, la malattia torna come il primo giorno.

In generale, comunque, il paziente si accorge che dentro di sé, nonostante le terapie iniziali, c’è qualcosa che lo impaccia: non riesce più a svitare i barattoli come prima, non riesce più a chiudere la moka del caffè, a guidare la macchina con la stessa disinvoltura. Sarebbe bene, quindi, iniziare questa cura solo dopo aver messo a punto una diagnosi completa e una vera strategia terapeutica.

La diagnosi completa avviene attraverso una serie di esami di laboratorio che permettono di capire quali caratteristiche compongono la sua forma di artrite reumatoide. Le forme sono molte e varie ed è bene che venga diagnosticata quella corretta. A questi si deve sommare una serie di radiografie ed ecografie delle articolazioni interessate per capire anche quale tipo di infiammazione si presenta. In base a questi esami è possibile stabilire se il suo caso fa parte del gruppo di forme gravi e più aggressive (dette ‘sieropositive’, che contengono cioè ‘auto-anticorpi’ che aggrediscono il corpo e impediscono ogni difesa da parte del fisico) o di quelle meno gravi e meno aggressive (dette ‘sieronegative’ che non contengono ‘auto-anticorpi’).

Le forme erosive già all’esordio, dal punto di vista radiologico, hanno un andamento più rapido rispetto ad altre. L’ecografia che presenta degli ‘spot-doppler positivi’, cioè delle piccole immagini di vasi, sono forme molto più aggressive rispetto a forme ‘doppler negative’.
Una volta svolti tutti gli esami è possibile prescrivere la cura più adatta. Oggi con le nuove terapie biologiche, impegnative per il paziente ma rivoluzionarie nella cura, in oltre il 50% dei pazienti con diagnosi precoce si arriva alla remissione completa dalla malattia. Il paziente, insomma, torna come era prima. E comunque circa l’80% dei pazienti viene controllato talmente bene che può fare qualsiasi attività e lavoro. Con le terapie convenzionali si arriva malamente al 20%. Ecco quindi tre consigli importanti: · non fumare: è dimostrata la correlazione e ci sono evidenze che il fumo è un fattore prognostico estremamente sfavorevole per l’artrite reumatoide; · rivolgersi al medico in modo rapido: non considerare i sintomi legati alla stagione o all’età · prendere coscienza che deve accettare la malattia e controllarla al meglio: solo così si può vincere.

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