L’obesità “pesa” sulle malattie reumatiche nelle donne, ostacolando la guarigione Ricercatori dell’Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli di Roma hanno scoperto che la spondiloartrite a interessamento assiale – una malattia reumatica che colpisce colonna vertebrale e articolazioni sacroiliache, oltre alle articolazioni periferiche – si aggrava in caso di obesità e che le donne obese hanno meno chance di cura. Lo rivela uno studio condotto dalla dottoressa Elisa Gremese e dal professor Gianfranco Ferraccioli, Ordinario di Reumatologia presso l’Università Cattolica di Roma, pubblicato sulla rivista Rheumatology.
La spondiloartrite colpisce lo 0,5-1% della popolazione e ha il suo esordio mediamente a 28-30 anni; solo nel 12-15% dei casi esordisce dopo i 40 anni. La malattia è geneticamente condizionata e si scatena in genere come conseguenza di infezioni, che innescano il processo di malattia nella maggioranza dei casi in individui geneticamente predisposti ad ammalarsi. I sintomi principali di questa malattia sono dolore alla colonna soprattutto di notte e al primo risveglio, rigidità mattutina e impotenza nei movimenti della colonna (flessione, estensione, rotazione tronco su bacini, cerviconucalgia etc). Si cura con farmaci antiinfiammatori, ma se dopo un mese non si notano miglioramenti sensibili, allora bisogna intervenire con farmaci biologici. Ma anche in questo caso non tutti i pazienti rispondono bene ai farmaci, non tutti vanno in remissione: precisamente solo il 40-50% di loro va in remissione completa, il 75-80% in remissione parziale. “Abbiamo scoperto che l’obesità aggrava la prognosi della malattia nelle donne – spiega il professor Ferraccioli –: le pazienti, infatti, rispondono meno alle terapie se sono obese o in sovrappeso”. “Lo abbiamo scoperto seguendo una casistica di oltre 50 donne con spondiloartrite della colonna e seguite in follow-up ormai per più di 24 mesi”, aggiunge il reumatologo della Cattolica. Il motivo presunto dell’effetto deleterio dell’obesità è che il grasso corporeo produce infiammazione, che gli adipociti producono molecole della infiammazione e dunque che nel sesso femminile, che già è più suscettibile a stati infiammatori, c’è una malattia più grave e più difficile da trattare. Alla luce di questa scoperta la diagnosi precoce va considerata l’unica salvaguardia per queste pazienti e questo obiettivo si persegue con esame di risonanza articolare mirata sulle sedi del dolore. “A questo fine – conclude il professor Ferraccioli – abbiamo avuto, tramite una donazione, in comodato una Risonanza Articolar proprio per la diagnosi precoce dei nostri pazienti. I medici di famiglia del Municipio Roma XIV, sono stati coinvolti in un percorso di accesso per diagnosi e inizio terapia il più rapido ed efficace possibile proprio per non perdere quella che chiamiamo la finestra di opportunità clinica e terapeutica”.
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