17 Novembre 2015

Lupus, il trattamento con belimumab tiene a bada la malattia e previene la progressione del danno

lupus belimumab anmar

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Una ricerca coordinata dai reumatologi italiani Andrea Doria dell’Università di Padova e Angela Tincani dell’Università di Brescia, presentata al congresso americano di reumatologia appena conclusosi a San Francisco, aggiunge un importante tassello alle conoscenze sul Lupus Eritematoso Sistemico (LES).

Nelle forme più gravi di questa rara malattia autoimmune cronica, il trattamento con un anticorpo monoclonale “intelligente”, belimumab, il primo specifico per la malattia, consente di frenarne l’avanzata e soprattutto previene la progressione del danno agli organi bersaglio della malattia stessa.   Lo studio, condotto per valutare la sicurezza e l’efficacia della terapia con belimumab in pazienti con Lupus Eritematoso Sistemico in fase attiva e che non rispondevano alla terapia standard, ha preso in esame 58 pazienti (54 donne e 4 uomini), con una malattia che durava in media dai 4 ai 21 anni, con segni di attività sia clinici che laboratoristici.
L’osservazione media dei pazienti è stata di 7-21 mesi: le manifestazioni che hanno richiesto l’impiego di belimumab in aggiunta alla terapia già in atto sono state soprattutto a carico dell’apparato muscolo-scheletrico (35,9%), del distretto muco-cutaneo (27,2%), renali (22,1%), ematologiche (11,7%) e le manifestazioni generali come febbre, cefalea ed artromialgie.
Il trattamento con l’anticorpo monoclonale ha permesso di:   –      ridurre significativamente la dose giornaliera di prednisone (derivato cortisonico) nei controlli a 3, 6, 9, 12, e 18 mesi dall’inizio della terapia.   –      Abbassare il numero di riaccensione della malattia dall’82 per cento di pazienti all’anno al 37 per cento di pazienti, sempre all’anno.   “Questi dati – commentano gli autori – sono particolarmente importanti perchè dimostrano come l’impiego di belimumab nella pratica clinica quotidiana sia vantaggioso. La riduzione della frequenza di riacutizzazoione osservata in modo chiaro nei nostri pazienti rende ragione della riduzione nella progressione del danno d’organo che rimane uno dei principali obiettivi della terapia del LES”.   Per quanto riguarda la sicurezza, non si sono registrati casi di reazioni severe all’infusione del farmaco o sospensioni del trattamento legate ad effetti indesiderati gravi. L’effetto collaterale prevalente nella maggior parte dei casi (50,4%) è stata un’infezione.
Solo 2 pazienti in terapia hanno avuto una patologia concomitante: in un caso si è trattato di trombosi venosa profonda e nell’altro di polmonite infettiva. In entrambi i casi non è stata rilevata correlazione con la somministrazione del farmaco.
 GNM 

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