Un nuovo test biochimico per la diagnosi precoce dell’osteoartrite: lo hanno messo a punto i ricercatori del King’s College di Londra, basandosi sull’analisi di alcuni markers biologici presenti nel sangue. La ricerca è stata appena pubblicata sugli Annals of Rheumatic Diseases.
A guidare i ricercatori inglesi sulla strada di questa scoperta è stato l’interesse per la metabolomica, una disciplina messa a punto negli anni Settanta da un gruppo di chimici californiani. L’idea alla base della metabolomica è che sia possibile studiare in modo sistematico le impronte chimiche lasciate da specifiche reazioni che avvengono nelle cellule, per avere maggiori informazioni sulla loro fisiologia. In questo caso, i ricercatori hanno individuato 163 metaboliti significativi e ne hanno verificato la presenza nei campioni di sangue prelevati a 123 pazienti con osteoartrite del ginocchio e a 299 donne sane. L’obiettivo finale era quello di determinare per quali metaboliti la proporzione fosse maggiore nelle donne malate rispetto a quelle sane.
Alla fine dello studio, i ricercatori hanno individuato 14 metaboliti che comparivano in proporzione maggiore nelle pazienti con osteoartrite, dunque strettamente associati alla malattia. Per verificare questa ipotesi, hanno sottoposto al test biochimico altre 76 donne malate, confrontando i risultati con quelli relativi a 100 donne sane. Anche in questo caso alcuni metaboliti (il rapporto tra valina e istidina, quello tra leucina e istidina) indicava chiaramente la presenza della malattia.
“La ricerca di biomarker per misurare gli effetti o la progressione di una malattia è un’area di ricerca estremamente promettente” commenta Guangju Zhai, che ha guidato la ricerca. “I biomarkers che abbiamo identificato potrebbero indicare la presenza di danni alla cartilagine, e dunque andrebbero ulteriormente analizzati”. Si tratta del primo studio – ha commentato un altro autore dello studio, Tim Spector – che usa la metablomica per identificare nuove “impronte” chimiche dell’osteoartrite. “Ci auguriamo che in futuro l’analisi di questi biomarker possa essere integrata nella pratica clinica, consentendo ai medici di diagnosticare o identificare precocemente la malattia”.