LA DISABILITA’ RIDUCIBILE: L’ACCESSO ALLE TERAPIE E’ ILPONTE TRA SCIANZA E SOCIETA’
Le fondamenta di questo ponte sono costituite dall’accesso alle terapie, questione al centro della IX Conferenza Internazionale per le Associazioni Europee dei Malati Reumatici “Arthritis People on the Move (APOM) in programma a Roma dal 24 al 26 novembre prossimi. La disabilità motoria è quella a maggior prevalenza tra le disabilità che colpiscono le persone non anziane in Italia, ed è pari al 38% secondo i dati ISTAT.
Tra le principali cause di disabilità sono le patologie reumatiche e tra queste quelle che possono colpire a qualsiasi età ci sono le patologie reumatiche infiammatorie, oltre 200 diverse condizioni cliniche responsabili di invalidità gravi e riduzioni marcate della qualità di vita delle persone che ne sono affette.
La più diffusa è l’artrite reumatoide che colpisce nel nostro Paese almeno 320.000 persone con età compresa tra 30 e 50 anni e soprattutto le donne che rappresentano circa il 75% del totale dei malati. Ma è una patologia che può colpire anche i bambini molto piccoli. L’Artrite reumatoide è una patologia altamente invalidante per le gravi alterazioni che determina nell’apparato locomotore: nel 10% dei casi si registra uno stato di invalidità permanente dopo soli due anni dall’insorgenza, e del 30% e del 50% rispettivamente dopo 5 e 10 anni. I costi dell’artrite reumatoide e delle sue ripercussioni socio-economiche sono enormi: negli USA si stima che oscillino tra gli 8.000 e gli 85.500 dollari per paziente. In Italia i costi diretti eccedono il miliardo di euro per tutta la popolazione di pazienti con artrite reumatoide e se si includono nel calcolo anche i costi indiretti si superano i 5 miliardi. Di fronte a questi numeri la risposta della comunità scientifica in questi anni si è intensificata: come per pochi altri settori di ricerca si è registrato un aumento qualitativo e quantitativo della produzione scientifica. Confrontando il numero di lavori pubblicati su riviste scientifiche peer-review censite da Pub-Med emerge che il numero assoluto di ricerche pubblicate nel quinquennio 2001-2006 è triplicato rispetto al quinquennio 1991-1995.
Un aumento dovuto al fatto che la ricerca oltre ad aver acquisito nuove informazioni sui meccanismi immunopatogenetici di queste malattie, ha anche messo a punto armi efficaci in grado di modificare la progressione della malattia e se impiegate in fase precoce anche di indurre remissioni durature che possono far parlare di guarigione. Si tratta di farmaci cosiddetti biologici il cui avvento ha reso possibili cose che prima non rientravano negli obiettivi conseguibili della pratica clinica. Introdotti a partire dalla fine degli anni ’90 questi farmaci hanno rivoluzionato la cura dell’ Artrite Reumatoide.
La loro peculiarità è quella di bloccare l’azione di una proteina, il Fattore di Necrosi Tumorale (TNF) che nell’organismo sano ha la funzione di attivare le normali risposte infiammatorie mentre nel paziente con Artrite Reumatoide, essendo prodotta in eccesso, scatena quell’infiammazione abnorme che caratterizza la malattia. L’impiego di questi farmaci, da soli o in associazione con immunosoppressori tradizionali, rende finalmente possibile non più solo la scomparsa del dolore ma anche l’arresto della progressione della malattia, il miglioramento della disabilità. La ricerca scientifica ha individuato chiaramente l’esistenza di una finestra di opportunità dell’impiego dei biologici che deve essere colta.
Questo potrebbe consentire nel caso di diagnosi precoce potrebbe offrire migliori prospettive di guarigione e, nel caso di pazienti con più lunga storia di malattia, si essere in grado di arrestare la progressione e migliorare la disabilità. Approfondimenti: Dossier APOM 2006
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