21 Giugno 2010

L’enzima difettoso aumenta il rischio di AR

Bottone_News

Bottone_NewsUno studio appena pubblicato su Nature mette in luce il ruolo di alcune rare mutazioni geniche nello sviluppo delle malattie autoimmuni. I ricercatori del Massachusetts General Hospital (Boston, Usa) hanno infatti scoperto che alcune alterazioni di un gene importante per l’attività del sistema immunitario sono più frequenti nelle persone colpite da artrite reumatoide o da diabete di tipo II. La ricerca, condotta da Shiv Pillai, identifica quindi un altro possibile meccanismo su cui intervenire per combattere queste patologie.

Il gene preso in esame dai ricercatori americani codifica per un enzima, l’acetilesterasi dell’acido sialico (Siae). In condizioni normali, questo enzima controlla l’attività dei linfociti B, le cellule del sistema immunitario che producono anticorpi contro le molecole estranee all’organismo.

Già qualche anno fa alcune ricerche avevano mostrato che i topi in cui il gene di Siae era stato eliminato manifestavano una malattia simile al lupus. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno sequenziato il gene di Siae in 923 persone con malattie autoimmuni e in 648 individui sani di controllo. Nel primo gruppo, gli studiosi hanno individuato ben 24 mutazioni che impedivano all’enzima di svolgere correttamente la sua attività, mentre nella popolazione sana il numero di mutazioni era pari a 2. Secondo i ricercatori, la presenza del gene difettoso in persone affette da malattie autoimmuni deve quindi essere considerata un indicatore della probabilità di sviluppare queste patologie.

“La perdita di funzione dello stesso Siae si riscontra solo nel 2, 3 per cento delle malattie autoimmuni”, spiega Pillai. “Stiamo indagando se ci siano altri geni coinvolti nelle stesse attività di Siae che possano essere difettosi su una larga percentuale di pazienti. Inoltre, stiamo identificando un sottogruppo di persone con difetti nel gene dell’enzima Siae come possibili candidati per sviluppare approcci terapeutici in grado di alleviare o correggere in parte i disturbi della malattia”.

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