I ricercatori della New York University hanno messo a punto un nuovo sistema non invasivo per diagnosticare l’osteoartrite già agli stadi precoci. Si tratta di una particolare Risonanza Magnetica per Immagini (Mri), basata sulla rivelazione degli ioni sodio presenti nelle cartilagini. La nuova tecnica è stata presentata sulle pagine del Journal of Magnetic Resonance.
Nell’osteoartrite, malattia che colpisce maggiormente le zone delle ginocchia, delle mani e delle anche, la cartilagine delle articolazioni è cronicamente degenerata. L’inizio del manifestarsi della disabilità è generalmente associato a una diminuzione di alcune sostanze presenti nella cartilagine: i glicosamminoglicani (Gag), molecole con funzioni di sostegno e di protezione per i tessuti. Controllare però le variazioni di queste sostanze nelle articolazioni non è sempre facile. Infatti, le tecniche tradizionali di Mri per monitorare la distribuzione dei Gag non sono capaci di rivelarne l’esatta concentrazione e molto spesso richiedono l’uso di un mezzo di contrasto.
I ricercatori hanno così pensato di sviluppare una tecnica alternativa non invasiva di imaging, basata sulla rivelazione degli ioni sodio nella cartilagine del ginocchio. Questi ioni, infatti, hanno una diffusione che si sovrappone a quella dei Gag. Il sodio però non si trova diffuso solamente nelle cartilagini, ma anche nell’ambiente circostante. Per discriminare tra i due tipi, i ricercatori si sono focalizzati sui diversi comportamenti magnetici del sodio nei vari ambienti. In questo modo gli studiosi sono riusciti a ricavare immagini in cui i segnali del sodio provengono solo dal tessuto cartilagineo, e a utilizzare questo dato come un indicatore dello stato di degenerazione delle articolazioni.
Questa nuova tecnica di Mri per il sodio permette di identificare in modo non invasivo l’osteoartrite negli stadi precoci della malattia e potrebbe essere utilizzata anche per misurare lo stato delle cartilagini in generale.