L’importanza di una terapia efficace, sicura e tempestiva contro le malattie reumatiche: i successi della scienza e i vincoli dell’economia. Parla Giovanni Minisola, Primario Divisione di Reumatologia dell’Ospedale di Alta Specializzazione San Camillo di Roma, in occasione dell’incontro “Malattie reumatiche: verso una terapia dal volto umano”.
Professor Minisola, di patologie reumatiche si parla spesso, ma la percezione della dimensione del disagio vissuto dai pazienti affetti da queste malattie è assolutamente inadeguata. Questa impressione trova conferma anche nella sua attività professionale?
Il concetto di malattia reumatica, indipendentemente dalla tipologia, è sempre associato a un vissuto di cronicità, invalidità ed evoluzione della patologia. I soggetti ai quali viene diagnosticata una malattia reumatica solitamente vivono male il momento della diagnosi e il disagio si fa più acuto nei soggetti affetti da malattie reumatiche immunoflogistiche ad alto potenziale di aggressività e invalidità, quali l’artrite reumatoide e le spondiloartriti sieronegative; queste ultime sono un gruppo di importanti malattie all’interno del quale si collocano forme cliniche ben definite, come la spondilite anchilosante e l’artrite psoriasica.
È importante spiegare a chi soffre di queste condizioni morbose quale può essere il decorso e l’evoluzione, al fine di evitare che il paziente si abbandoni a un fatalismo che oggi non ha più alcun motivo di essere, dal momento che sono disponibili farmaci in grado di controllare adeguatamente la malattia.
Le limitazioni alla capacità lavorativa e alla vita di relazione dei pazienti affetti da queste malattie sono state analizzate da indagini approfondite a livello internazionale. In questa prospettiva, quali conseguenze ha un intervento insufficiente o inadeguato nel trattamento di queste malattie?
Un intervento insufficiente comporta una progressione della malattia. Certo, la situazione economica impone determinate scelte, ma occorre anche tenere presenti le conseguenze e l’impatto socio-economico dell’artrite reumatoide, della spondilite anchilosante e dell’artrite psoriasica su persone giovani, in piena età lavorativa, che devono mantenere una famiglia e hanno aspettative di performance. Il problema del trattamento con farmaci costosi non si porrebbe se si ottimizzassero le risorse e si evitassero gli sprechi. Ciò consentirebbe di destinare più fondi a favore delle cure primarie senza incidere sul bilancio dello Stato.
Quali sono gli ostacoli che l’uso dei farmaci biologici per la cura delle malattie reumatiche incontra in Italia?
Oggi disponiamo di criteri clinici rigorosi per la definizione di una diagnosi precoce che ci permettono di prevedere ragionevolmente l’eventuale prognosi sfavorevole della malattia reumatica che osserviamo; inoltre, per gran parte delle persone in cura, i farmaci biologici sono in grado di bloccare il processo evolutivo della malattia. Quindi siamo in grado di poter ragionevolmente prevedere quello che potrebbe succedere e sappiamo come intervenire. Ma, nonostante ciò, i vincoli di ordine economico e burocratico che regolano l’erogazione dei farmaci biologici ne impediscono molte volte l’utilizzazione. Sotto questo aspetto l’Italia è il Paese più arretrato in Europa: non si riesce ad impiegare questi farmaci – che in questo caso sono “salva paziente” – nella misura in cui si dovrebbe in rapporto ai dati epidemiologici e alle conoscenze scientifiche. Se si considera in che misura le malattie reumatiche, soprattutto quelle più impegnative – che sono quelle per le quali paradossalmente abbiamo rimedio – compromettono la qualità della vita del paziente e come le malattie più gravi e invalidanti colpiscano soggetti in età giovane e quindi lavorativa, è ancora più facilmente comprensibile come la qualità di vita di questi pazienti sia particolarmente compromessa. Spesso perdono opportunità di carriera, sono costretti a compromessi lavorativi e a ridimensionare i loro progetti di vita, vedono violato il diritto di privacy sulle proprie condizioni fisiche: un paziente diabetico può anche fare a meno di far sapere il proprio stato di salute, il paziente reumatico purtroppo porta sul corpo i segni della malattia. Oggi, rispetto a 30 anni fa, la situazione è profondamente mutata: questi pazienti possono essere trattati efficacemente purchè ci sia una diagnosi tempestiva e, a fronte di una diagnosi tempestiva, si avvii un trattamento altrettanto tempestivo ed efficace.
Golimumab è una nuova terapia dell’artrite reumatoide indicata anche per il trattamento di altre due malattie reumatiche, l’artrite psoriasica (o psoriasi artropatica) e la spondilite anchilosante: qual è, in termini di compliance ed efficacia, il comune denominatore di questo farmaco rispetto a queste tre patologie?
Golimumab neutralizza un momento infiammatorio intensissimo causato dalla liberazione di una citochina che si chiama Tumor Necrosis Factor alpha (TNF-a).
Studi clinici controllati hanno dimostrato la sicura efficacia del farmaco, che si è caratterizzato anche per una risposta rapida e persistente; inoltre, in termini di sicurezza, golimumab è risultato del tutto sovrapponibile agli altri farmaci biologici attualmente disponibili. È bene ricordare che, al fine di ottimizzare la risposta clinica e di minimizzare i rischi, è assolutamente necessario che tutti i farmaci biologici vengano prescritti da medici esperti.
La somministrazione dei farmaci a chi è affetto da patologie reumatiche è un aspetto particolarmente delicato in considerazione delle oggettive limitazioni di cui questi pazienti soffrono. Quanto è importante l’innovazione orientata non solo all’efficacia del farmaco ma anche alla semplicità della sua somministrazione?
Ha una notevole importanza, perché facilita l’aderenza al piano terapeutico. Uno dei motivi di abbandono del piano terapeutico o della riluttanza ad accettarlo è proprio la sua complessità: non c’è dubbio che un piano terapeutico semplice, come quello previsto per golimumab, agevola l’aderenza del paziente al trattamento e lo rende più accettabile. Golimumab viene infatti somministrato per via sottocutanea ogni quattro settimane e questa modalità di somministrazione incontra senz’altro il favore dei malati per i quali il farmaco è indicato.